Gruppo scout AGESCI Bracciano 1

23.3.09

Uscita di Clan





Lunga ma bella, credo sia la definizione più corretta per descrivere la strada che abbiamo percorso tra il 14 e il 15 Marzo, da Allumiere a Santa Marinella(16.5 km!).

Abbiamo impiegato tutto il sabato pomeriggio per arrivare a Prato Cipolloso, dove siamo riusciti a iniziare (ma, ovviamente, non a concludere) una delle tante attività che avevamo programmato di fare. Dopo un bellissimo e divertentissimo fuoco presentatoci dagli”inglesi” fratelli Grim, il Clan ha passato una tranquilla nottata, che è servita a ricaricare le batterie a tutti, o quasi tutti, i componenti della comunità. Il giorno seguente ci siamo incamminati verso Santa Marinella, percorrendo un bellissimo sentiero che ci ha regalato una stupenda visione della macchia mediterranea e allo stesso tempo il meraviglioso sfondo del Mare.

 Anche per questa uscita il Clan ha superato se stesso nel rispettare i tempi, riuscendo ad arrivare in orario alla Santa Messa e soprattutto non perdendo alcun treno, ma anzi, rischiando di tornare a Bracciano perfino in anticipo!

di Andrea P.

foto dell'uscita

12.3.09

CINEFORUM: Vicky Cristina Barcelona

Eccoci al secondo appuntamento del Cineforum di Clan.
Il film di questa volta è "VICKY CRISTINA BARCELONA", scritto e diretto da Woody Allen.
Un film molto particolare che secondo la critica esce dagli "standard" a cui Allen ci aveva abituato, ma non per questo da non vedere.
Riportiamo un breve commento preso dal sito ufficiale:


Just as New York City was the backdrop in Woody Allen's "Manhattan", the stuinning city of 
Barcelona is the setting for the romantic adventures of Vicky and Cristina. These two young Americans spend a summer in Spain and meet a flamboyant artist and his beatiful but insane ex-wife. Vicky is straight-laced and about to be married. Cristina is a sexually adventurous free spirit. When they all become amorously entangled, the results can only be described as chaotic.

1.3.09

Una comunità in cammino... Incontro con Peppe Sini

Lo scorso gennaio a conclusione di un’esperienza di 4 giorni, il clan Antares del gruppo scout Bracciano 1 ha avuto il piacere di incontrare Peppe e fare con lui una interessante chiacchierata. A seguito di tale incontro sono sorte riflessioni e pensieri che abbiamo deciso di mettere per iscritto.
Queste sono le parole e le testimonianze del confronto di una comunità in crescita e in continuo viaggio.


Governare un gran regno è come friggere pesciolini

E’ bello fermarsi a riflettere sulla complessità delle cose, anche quelle che ci portano a dare un giudizio frettoloso. In questa complessità è racchiusa e l’importanza dello stare insieme davvero, non per “divertirsi” (nel senso “pascaliano” di allontanarsi, distrarsi), ma al contrario per concentrarsi, per conoscersi e riconoscersi.
L’atto del pensiero che rende unici, diversi e che ci apre agli altri.
Vederci in cerchio, curiosi di ascoltare il pensiero degli altri è stata una vera lezione di nonviolenza.
In un periodo in cui è sempre più facile vedere le persone trincerarsi dietro un pensiero unico, “forte”, infrangibile e impenetrabile, è sorprendente scoprire il meccanismo della condivisione in un semplice cerchio di persone.
Ciascuno ha semplicemente espresso il proprio pensiero, accolto ed elaborato dagli altri. Senza timore né ambizione, semplicemente con la fresca curiosità di chi si apre alla conoscenza dell’altro.
Ascoltare e riconoscere la verità o le parti di verità nelle parole di ognuno, non averne paura ma lasciarsi impregnare di tutte le idee e tutte le parole. Ripensandoci non so davvero più distinguere la mia interpretazione dalle altre così come non ricordo l’interpretazione “ufficiale” della frase.
E’ una ricchezza che spero sapremo portarci dietro ancora a lungo.
L’incontro ha portato una quantità di spunti di riflessione che alla luce di questo primo scambio si moltiplica all’infinito. Ed è bello, perché sono troppi gli errori che si commettono, quando si pensa, anche solo per un istante, di essere arrivati. La bellezza sta nel trovare qualcuno in grado di mostrarti l’errore. Di più, qualcuno capace di farti vivere quanto l’errore porti lontano dal poter apprezzare la verità che vi è in ciascuno, e quanto invece impoverisca, inaridendosi, la mente che si astiene dal confronto o dalla condivisione.
Spunti personali e riflessioni sui “tempi che corrono” si sovrappongono, ma è chiaro che ogni concetto che si espone ha tante interpretazioni quante sono le persone che con esso si confrontano.
Ilaria

Cambiamento di prospettiva

Punto fondamentale del percorso scout è insegnare la criticità, capacità di ogni persona di osservare le numerose tessere che compongono l'intricato mosaico della realtà che ci circonda da più punti di vista, di non accontentarsi di dare per vera la più scontata. Credo che il nostro incontro con Peppe sia un eccellente esempio di come sia possibile cambiare prospettiva. Innanzitutto, quando si partecipa ad una "chiacchierata" del genere l'ospite ha quasi sempre una posizione di rilievo, questa volta ho invece avuto la piacevole sensazione di essere lì perché era importante che io contribuissi con il mio personale bagaglio di esperienze, questo perché era stato creato da subito un rapporto paritario fra tutti i presenti.
Quando si parla di criticità spesso ci si riferisce ai massimi sistemi e non ci si rende conto che, invece, è molto importante utilizzarla anche nell'osservare ciò che ci è più prossimo; un esempio è il fatto che tutti -o quasi- constatiamo che la società nella quale viviamo è maschilista e in questo concordiamo, ma che dire del cinema, della letteratura e del mondo musicale?
Parlando la nostra chiacchierata è giunta anche all'antico testamento: chi di voi, leggendo di non guardare la pagliuzza nell'occhio del vicino quando non si vede la trave che è nel proprio non si è chiesto come fosse possibile andare in giro con un così grande pezzo di legno nell'occhio senza accorgersene? Questo è legato ad un problema di traduzione, in quanto dovrebbe essere tradotto come non guardare il ramoscello che è nella cisterna che raccoglie l'acqua piovana del tuo vicino, quando non vedi il ramo più grande che è nel tuo.
Dulcis in fundo una bella chiacchierata sul tema vita/morte durante la preparazione del pranzo, ascoltare la posizione di Peppe mi ha fatto capire come io abbia dei forti pregiudizi, i quali -ovviamente- pregiudicano la mia obiettività: credevo che in Italia fossero esclusivamente i cattolici ferventi ad essere contrari all'eutanasia, così per scagliarmi contro il loro essere bigotti avevo perso di vista il vero problema e non avevo pensato che l'amore per la vita non appartiene a nessun sistema ideologico...

Sara

La crescita, il ricordo

Una pazza disse che gli esseri umani che dimenticano la loro esperienza sono obbligati a ripercorrere la stessa strada con gli stessi errori per poterne cogliere le “lezioni di vita”. Forse è la ragione per la quale ci ritroviamo in un mondo, direi più in una realtà in fase di “crescita illusoria”. Così è bello riscoprire come in un pomeriggio passato seduti ad ascoltare, a parlare e a sentirsi ascoltati(essenziale per il nostro vivere) si riesca a viaggiare nel mondo della crescita. Quando ci ritroviamo sui banchi di scuola a studiare (o fare finta) storia, scienza, matematica o qualsiasi altra materia, apprendiamo sogni ed esperienze di esseri umani che hanno vissuto prima di noi e che ci hanno lasciato un messaggio ben chiaro: la loro vita. Il progresso e la crescita quindi si basano sul ricordo. Immaginiamo un oceano enorme, quasi infinito. Immaginiamo una pazza e un pazzo che decidono di costruire un ponte per raggiungere l’ignoto, per scoprire ciò che si cela oltre l’orizzonte. Essendo esseri umani il loro arco vitale sarà molto breve rispetto al tempo impiegato per la costruzione del loro sogno. Di conseguenza scriveranno sui libri, lasceranno testimonianze di come disporre una trave a nord piuttosto che a sud o come comportarsi in caso di uragano. La struttura potrebbe crollare se gli “architetti successivi” dimenticassero le direttive e i consigli lasciati, così come potrebbe andare avanti, non senza problemi, se si tenesse conto del passato. Siamo creature che per “natura” hanno bisogno di sentirsi parte di una “comunità”. Per questo motivo costruendo un ponte non dobbiamo calpestare i ricordi passati ma tuffarci in essi e carpirne i lati migliori. Solo in questo modo possiamo sperare di uscire dal ciclo in cui l’uomo è immerso e dal quale non trova via di fuga ripetendo puntualmente gli stessi errori seppure in realtà diverse con mezzi diversi. Un incontro con Peppe dal quale siamo usciti “cresciuti”, nel quale abbiamo ricordato, in cui ci siamo confrontati da strade diverse in una strada comune chiamata comunità. Uno dei messaggi di quell’incontro è stato chiaro: non dimenticare chi siamo, cioè il risultato del vivere dei nostri predecessori, delle loro testimonianze, dei loro errori, senza perdere di vista il futuro di chi ci sostituirà nel grande ciclo chiamato vita.
Simone

Qualcosa di prezioso

Prezioso. E’ l’aggettivo che mi viene in mente ripensando al tempo che abbiamo condiviso quella mattina. E vorrei ricordarlo il più a lungo possibile.
Vorrei ricordarlo, quando qualcuno mi passa davanti, mentre sto facendo la fila per il caffè; quando un uomo insulta un altro uomo per strada, per una sciocchezza; quando sulla metro una ragazza chiede l’elemosina e tutti la guardano con diffidenza o peggio, disprezzo; quando un senzatetto viene fatto scendere dall’autobus in malo modo perché emana cattivo odore; quando leggo il giornale alla disperata ricerca di una buona notizia e…niente.
Quando mi sembra che tutto sia costruito solo sulla violenza, grande o piccola, palese o occulta, vorrei ricordare quella mattinata.
Per sentire ad un tratto più forte la mia voglia di cambiare le cose. Così forte da sovrastare il rumore della violenza. Ecco perché è prezioso il ricordo delle nostre parole, i nostri gesti, le espressioni sui nostri volti, la meraviglia, l’emozione, le idee condivise, i pensieri che si incontrano e si mescolano, i brividi a scoprirci così profondamente coinvolti l’uno con l’altro.
Georgia

Una chiacchierata fra Compagni

Forse avrei potuto dire fra amici, ma penso che quando uno si ricordi l’etimologia della parola “compagno”, (cum panem) non possa non usarla per descrivere quella giornata e tutte le altre giornate in cui ci siamo ritrovati in cerchio a parlare.
Forse il modo migliore di condividere il “pane” e trascorrere del tempo con altre persone è condividere se stessi…
Ma di sicuro penso che, se tentassi di immaginarmi una comunità, non potrei auspicare nulla di diverso.
Il condividere insieme le proprie opinioni per dare corpo a un poliedro di interpretazioni della stessa frase, questo è stato il nostro modo di iniziare quella giornata.
Da un inizio così, non ci si poteva non aspettare una sospensione degna, sì preferisco chiamarla sospensione piuttosto che conclusione, poiché ogni volta è un continuare a rielaborare, e Primo Levi è stato un ottimo modo di salutarci.
Ed è questo quello che è stato fatto quel giorno da Peppe, Simone, Sara, Andrea, Ilaria, Andrea, Daniele, Amaniele e Georgia.
Nulla di più di questo, ma soprattutto nulla di meno, è stata una discussione nata da tutti quanti come risposta ad uno stimolo.
Con questo non voglio sminuire né esaltare quel che si è detto, ma penso che, come è stato detto, sia molto importante; penso che questo sia lo “Stimolo” cui abbiamo risposto, ovvero, rimanendo in tema di comunicazione verbale, è stata la cassa armonica che ne ha amplificato l’intensità.
Perché la comunicazione verbale e non, è il nostro mezzo prediletto, e non ci si deve dimenticare che il mezzo è importante quanto fine, o come diceva Capitini; “Si dice: i mezzi in fin dei conti sono mezzi. Io dico: i mezzi in fin dei conti sono tutto”.

Amaniele

Esperimenti di coraggio

Quando sono solo, perso nei miei pensieri, la sera, magari davanti ad un bicchiere di tè, rifletto. Rifletto sul fatto che io questo mondo ho veramente l’intenzione di cambiarlo, di lasciarlo un po’ migliore di come l’ho trovato.
Ma quando vivo la mia vita, leggo i giornali, vedo i volti e ascolto le parole dei miei amici e assisto all’indifferenza delle persone, il coraggio di cambiare questo mondo, a volte, mi manca.
Ma quando discuto con le persone, o partecipo ad incontri belli e profondi come quello che abbiamo fatto insieme, io il coraggio lo ritrovo, ritrovo gli occhi critici per giudicare quello che vedo e ritrovo il piacere nell’informarmi e la passione nel cambiare nel mettere sempre in discussione le mie convinzioni. Incontri così mi aiutano a riflettere moltissimo, ma in queste chiacchierate io ritrovo il mio coraggio.

Andrea. U

Una mattinata troppo breve…

L’unica cosa che mi rammarica, quando penso al momento di confronto passato con Peppe Sini, è solo che è finito troppo presto! E’ stata una “chiacchierata” meravigliosa, riguardante una miriade di argomenti. Ciò che mi ha fatto vivere con entusiasmo quei momenti, è la straordinaria capacità di Peppe di porsi in una posizione parallela nei confronti dell’interlocutore, facendolo sentire a proprio agio e quindi parte integrante della discussione, mostrando interesse nel pensiero altrui, e soprattutto, essendo sempre pronto a mettere in discussione le proprie idee. Quella mattinata passata assieme a Peppe per me non si è dimostrata un semplice momento di riflessione, ma un ricchissimo punto di confronto tra idee diverse che mi ha regalato numerosissimi spunti di riflessione e di crescita personale.
Andrea. P

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RICOMINCIARE DALLA COSTITUZIONE

"1922 [...] Costoro (potenze e padroni della terra e dell'industria a cui la
guerra e' servita in massima parte come una grandiosa speculazione) in
Italia si uniscono ai loro servitori, e ai generici rivendicatori della pace
mutilata, per una riscossa a oltranza dei propri interessi. E non tardano a
trovare un loro campione in Benito Mussolini, arrivista mediocre, e 'impasto
di tutti i detriti' della peggiore Italia: il quale, dopo aver tentato il
proprio lancio sotto l'insegna del socialismo, ha trovato piu' vantaggioso
di passare a quella contraria dei poteri in sede (i padroni, il re, e
successivamente anche il papa). Sulla sola base programmatica di un
anticomunismo garantito, minoritario e dozzinale, egli ha fondato i suoi
fasci, consorzio di vassalli e sicari della rivoluzione borghese. E in
simile compagnia provvede agli interessi dei suoi mandanti con la violenza
terroristica di povere squadre d'Azione prezzolate e confuse. A lui il re
d'Italia volentieri consegna il governo della nazione [...]
"1924-1925 [...] In Italia dittatura totalitaria del fascista Mussolini, il
quale frattanto ha ideato una formula demagogica per il rafforzamento del
proprio potere di base. Essa agisce specialmente sui ceti medi, che
ricercano nei falsi ideali (per la loro dolorosa incapacita' dei veri) una
rivincita della propria mediocrita': e consiste nel richiamo alla stirpe
gloriosa degli Italiani, eredi legittimi della Massima Potenza storica, la
Roma Imperiale dei Cesari. Per merito di questa ed altre simili direttive
nazionali sara' innalzato a 'idolo di massa' e assumera' il titolo di Duce".
(Elsa Morante, La storia)
*
E' innegabile che l'intenzione della Morante, tracciando questi brevi cenni
storici, non fosse ovviamente quello di criticare la classe dirigente
italiana dei nostri giorni. E' per questo che la trovo significativa.
Non voglio abbracciare una prospettiva che si limita a paragonare i fatti, e
soprattutto le persone, del fascismo con le persone che oggi governano
l'Italia.
Sarebbe a tratti limitativo, a tratti offensivo per le vittime di quella
inaudita violenza che fu il fascismo, e comunque fuorviante.
Pero' e' interessante capire i meccanismi che la Morante descrive per
renderci conto del rischio che stiamo correndo. Perche' i tempi e i
personaggi sono profondamente diversi, ma i meccanismi in atto si ripetono,
in una spirale sempre piu' perversa e quindi con una forza sempre piu'
sconcertante.
Noi dovremmo avere la storia dalla nostra parte a difenderci, ma non e'
cosi' a quanto pare.
Sostituire valori e ideali che mirino al bene comune con idee mediocri di
arrivismo e di individualismo, indurre alla metamorfosi dei cittadini in
braccia o in consumatori, utili solo agli scopi dei potenti, che sia una
guerra o una crisi economica non cambia, l'importante e' non fare domande ed
obbedire. E chi non ci sta e' un "comunista", uno da ostracizzare, qualcosa
di "antropologicamente differente".
E per rendere piu' efficace questo tipo di provvedimenti viene messa in
campo la strategia vincente di tutti i governi assolutisti: la paura.
La paura di tutto. Del vicino di casa, del mendicante in mezzo alla strada,
di chi e' meno inscatolabile in questo tipo di societa', che siano i rom o
gli omosessuali, ma anche coloro che non si sottomettono a logiche di
potere. Tutti sono qui per rubarci qualcosa, i nostri soldi, i nostri figli,
la nostra idea di famiglia, o piu' semplicemente la nostra tranquillita'.
La paura e' uno strumento geniale, perche' ha il doppio effetto di creare
agnelli da consenso e capri espiatori. Nell'Italia di oggi come nel fascismo
di un tempo ci sono un gran numero di capri espiatori. Alcuni piu' palesi:
rumeni o ebrei che siano, altri piu' nascosti. Ad esempio le donne. In
Italia oggi le donne sono veri capri espiatori di molte delle ignominiose
violenze che si stanno perpetrando. Se in Italia e' possibile bruciare uno
straniero per strada, e' possibile rincorrere un rapinatore e ucciderlo a
sangue freddo, se e' possibile bruciare campi nomadi o assaltare negozi, se
e' possibile infine nascondere questi delitti dietro l'alibi del "farsi
giustizia" da soli, e' anche perche', soprattutto ultimamente, si sta
facendo forza sul forte impianto patriarcale della nostra cultura. Le
"nostre donne" sono in pericolo, allora dobbiamo difenderle. Proprio come si
difenderebbero le case, i negozi o le auto. Ma c'e' un che di piu' "nobile"
nel giustificare una violenza ingiustificabile, portando avanti l'idea della
protezione delle "nostre donne", il consenso che si ottiene e' notevolmente
piu' ampio.
E' un richiamo alle radici profonde della societa', un richiamo ai
sempiterni valori "dio patria e famiglia", un po' come fu, ci dice la
Morante, con i Cesari e le virtu' imperiali al tempo del fascismo.
E' evidente che la sicurezza non sta in cio' che vogliono farci credere. Io
mi sentirei sicura se sapessi che non ci sono militari con i mitra a
pattugliare le strade, se stranieri ed italiani, uomini e donne fossero
trattati con il rispetto dovuto. Sarei tranquilla se lo stato si
preoccupasse affinche' i cittadini siano educati al bene comune e al
rispetto della cosa pubblica, se si preoccupasse del diritto di ciascuno ad
avere pari possibilita' di sviluppo; se veramente lo stato impegnasse le
proprie forze per risolvere le situazioni di disagio e di disparita',
piuttosto che fomentarle ed accentuarle. In fondo si tratterebbe
semplicemente di tenere fede a se stesso. Nulla di piu' e' scritto nella
nostra Costituzione che non a caso e' nata proprio dalla sconfitta di quel
mostro che fu il fascismo e non a caso oggi e' del tutto accantonata e
denigrata. Forse sarebbe il caso di ricominciare da quella.

Di Ilaria Troncacci

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